È ormai un dato di fatto che le plastiche, di dimensioni sia micrometriche che nanometriche, contaminano le aree montane come i fondali marini. La loro provenienza è varia, dai prodotti della cosmesi e dell’igiene personale, passando per il packaging alimentare, alle attività agricole e della pesca, le micro- e nanoplastiche entrano nella catena alimentare, finendo inevitabilmente nella nostra dieta. Vari articoli scientifici, blog e social media, hanno scoraggiato il consumo di diversi alimenti a maggiore contenuto di microplastiche e, finanche, dell’acqua in bottiglia. Ma la Dieta Mediterranea, con la sua piramide alimentare, a “quanta” plastica espone l’essere umano?
La Dieta Mediterranea rappresenta un modello di dieta sana e sostenibile, nonché un prezioso strumento di prevenzione per la salute umana. Tuttavia, è necessario monitorare la sicurezza dei suoi alimenti valutando anche l’eventuale presenza di molecole aggiunte alla plastica (i.e., plastificanti e bisfenoli), che non solo agiscono da tracers delle microplastiche, ma possono anche essere oggetto di risk assessment per la salute umana.
Nell’ultimo decennio, il nostro gruppo di ricerca ha sviluppato e validato una serie di metodiche analitiche per la determinazione di plastificanti ftalati, non-ftalati, e bisfenoli in una serie di alimenti tipici della Dieta Mediterranea.
Nell’olio extravergine d’oliva Siciliano, ad esempio, ftalati, quali DiBP, BBP e DEHP, sono risultati pressoché ubiquitari. Il miele con diversa origine botanica (i.e., arancio, acacia, castagno, ed eucalipto) e geografica (i.e., Sicilia e Calabria), conteneva residui di DBP e DEHP. Erbe aromatiche algerine, tunisine e siciliane che tipicamente impreziosiscono i piatti mediterranei (per es., origano, rosmarino, timo ed alloro) contenevano plastificanti, quali DEHP, DEHT e DMA, e tracce di bisfenolo A. Formaggi tipici del territorio tunisino ed imballati con film plastico erano caratterizzati da livelli trascurabili di bisfenolo A. Tuttavia, ftalati ubiquitari, quali DBP e DEHP, sono stati ritrovati in contenuto maggiore. Oggetto di studio è stato anche il caffè, che se consumato in modica quantità ed all’interno di un modello di alimentazione Mediterraneo, si associa ad una progressiva riduzione del rischio di mortalità cardiovascolare e per tumori. Sia nel caffè in polvere che nella bevanda sono stati rilevati residui di ftalati e adipati. I loro tenori, tuttavia, aumentavano sensibilmente nella bevanda a causa del processo di preparazione che favoriva il rilascio di tali molecole dalle guarnizioni in plastica presenti nella moka come nella macchinetta da caffè.
Di recente è stata anche valutata la contaminazione da plastificanti della costa tunisina prendendo in esame le acque, i sedimenti, la pianta acquatica Posidonia oceanica, e la specie ittica Sparus aurata. Plastificanti, quali DEHP e DEHT, erano ubiquitari nell’ambiente costiero. Tuttavia, sulla base dei dati ottenuti, i pesci hanno mostrato una scarsa capacità di bioaccumulo di tali contaminanti nel loro tessuto edibile.
Le nostre ricerche hanno quindi dimostrato che la contaminazione da plastificanti e bisfenoli è pressoché onnipresente negli alimenti della dieta Mediterranea. Tuttavia, dalle analisi del rischio per la salute umana è emerso che tali alimenti possono essere consumati quotidianamente in sicurezza, poiché la quantità di plastificanti assunti tramite il cibo non è considerata pericolosa per la salute del consumatore.