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L’Italia rappresenta, con i suoi (circa) 7.500 chilometri di costa, il Paese maggiormente coinvolto nelle politiche di tutela e valorizzazione delle risorse del Mediterraneo, mare di estrema ricchezza, ma anche di grande fragilità per l’equilibrio biologico e la biodiversità. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (CNUDM), l’Italia esercita funzioni di giurisdizione e controllo a tutela delle proprie coste, della sicurezza e della protezione dell’ambiente nel mare territoriale, che si estende sino a 12 miglia dalla linea di base, e – per i profili di vigilanza anti-immigrazione – anche in uno spazio più ampio, sino a 24 miglia marine. Il nostro Paese è ancora chiamato a presidiare ampissimi tratti del Mediterraneo se si pensa all’importante funzione di tutela della vita umana in mare: in tal caso le autorità nazionali hanno responsabilità di intervento su di una zona SAR (Search and Rescue) di 495.553 Km2, la più ampia nel Mare Nostrum.

L’impegno dell’Italia per una gestione sostenibile del Mediterraneo, non solo a livello ambientale e storico-culturale, ma anche economico, emerge, da ultimo, con l’emanazione della l. 91/2021 che ha autorizzato la costituzione della zona economica esclusiva italiana (zee, da istituire con un emanando d.P.R.), esprimendo la volontà del nostro Stato di esercitare la propria giurisdizione su tutte le attività di esplorazione, sfruttamento e conservazione delle risorse del mare, del fondo marino e del sottosuolo, sino a 200 miglia nautiche dalla linea di base, con l’obiettivo di garantire una pesca sostenibile, lo sfruttamento responsabile del sottosuolo, la biodiversità. L’istituzione della zee non comporta, infatti, il solo riconoscimento di diritti di sfruttamento sulle risorse, ma sollecita lo Stato alla salvaguardia dell’equilibrio ambientale complessivo, compreso il patrimonio archeologico e storico, con interventi di regolazione e controllo che vanno ben oltre le prerogative delle autorità costiere sulle zone di alto mare.

L’impegno dell’Italia si era già espresso nell’istituzione della zona di protezione ecologica (l.61/2006; d.P.R. 209/2011) nel Mediterraneo nord-occidentale, nel Tirreno e nel mare Ligure, conformemente a quanto previsto dalla CNUDM e dalla Convenzione UNESCO del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo. La più recente previsione di una zee estende la giurisdizione nazionale alla gestione del patrimonio ittico e delle altre risorse secondo l’indirizzo, assunto da diversi paesi europei, di garantire una maggiore incidenza delle scelte comuni nella tutela di un mare chiuso, particolarmente fragile e dall’inestimabile ricchezza biologica. Tra gli Stati mediterranei che hanno istituito zee si ricordano Cipro, Egitto, Israele, Libano, Marocco, Monaco, Siria e Turchia, ma anche Croazia, Francia, Spagna, Tunisia e Libia. Il Mediterraneo così diventa, anche giuridicamente, uno spazio sempre più comune, la cui tutela è garantita, a livello europeo (l’Unione Europea vanta infatti delle competenze in materia di conservazione delle risorse biologiche del mare, nel quadro della politica comune della pesca, ma anche in materia ambientale e di protezione delle frontiere esterne), dalle autorità nazionali che opereranno sempre più, come Guardia costiera e di frontiera Europea, sotto il coordinamento delle Agenzie europee sulla sicurezza in mare (EMSA), sulla pesca (EFCA) e sul controllo delle frontiere esterne (Frontex).